Come te la passi?
di Alessandra Rosabianca
La fotografia è una forma d’arte e di terapia. È un mezzo per raccontarsi e raccontare, anche durante i momenti difficili e straordinari come quello che stiamo attraversando: un’emergenza sanitaria, sia nella sua espressione che nelle sue conseguenze, con provvedimenti e limitazioni a cui siamo stati e siamo ancora soggetti. Per alcuni è stata un’esperienza che ha rappresentato un trauma reale e non solo potenziale, qualcosa di nuovo e inaspettato. Per molte persone e famiglie ha comportato delle perdite e grandi sofferenze, per altri ancora ha esacerbato situazioni di disagio, fragilità e isolamento preesistenti. In ogni caso il trauma richiede la sua espressione e la sua via d’uscita.

Noi, per farlo, abbiamo scelto la fotografia e vi abbiamo chiesto di fotografare il vostro quotidiano. Questa è la modalità che più ci è propria, il nostro modello di intervento, che permette alle persone di diventare protagoniste del loro racconto e non solo fruitori passivi dei media. Durante la quarantena e i mesi di isolamento, abbiamo dato avvio al progetto #cometelapassi chiedendo a tutti voi di collaborare e di raccontarci come stavate passando quei momenti. Tutte le immagini che abbiamo ricevuto sono state testimonianze dirette, scattate da diverse parti del mondo: Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia, Argentina, Stati Uniti. Il nostro è stato un progetto per aiutare le persone a dare un senso a quello che stava succedendo, per aiutare ad elaborare un cambiamento imposto e le emozioni connesse. Questo perché abbiamo il potere di attivare risorse, sviluppare resilienza e addirittura creare nuove opportunità evolutive. È quello che Photovoice Project vuole fare con le sue attività e laboratori.

In #cometelapassi la macchina fotografica e lo smartphone sono diventati strumenti di narrazione e di testimonianza: un’istantanea perché ciascuno potesse raccontare ciò che stava vivendo, per condividerlo e affrontarlo al meglio. Istantanea dopo istantanea abbiamo messo insieme un racconto collettivo che ha oltrepassato i confini dell’Italia e ci ha mostrato come le persone hanno reagito, come hanno occupano il loro tempo e condiviso lo spazio, scoprendo che, spesso, le soluzioni trovate si assomigliavano. Le narrazioni vengono usate come tecnica di cura delle esperienze stressanti e traumatiche. Spesso sono narrazioni di gruppo, perché il gruppo è un potente strumento di condivisione e prevenzione. È per tale ragione che abbiamo deciso di dare vita a questo progetto, per creare una narrazione collettiva, condivisa e condivisibile, che ha superato i limiti geografici e ha unito le persone proprio nel momento in cui ci veniva chiesto di mantenere le distanze. In questo modo abbiamo creato una linea immaginaria che, fatta di esperienze comuni che attraversano i confini delle regioni e degli stati, ci ha riconnesso gli uni agli altri.
Anche per noi quest’anno ha marcato un confine, sia per le modalità di intervento che per le tematiche con cui oggi ci confrontiamo. L’utilizzo di piattaforme virtuali nei nostri laboratori con il Servizio Dipendenze della ASL di Firenze ha rappresentato un enorme cambio di passo, ma anche un’opportunità che ci ha permesso di perfezionare il nostro nuovo laboratorio on-line “Strade”. L’esperienza e gli stimoli che abbiamo ricevuto dalle vostre immagini e dai feedback, ci hanno aiutato a comprendere i cambiamenti e ad affinare i nostri strumenti di analisi, questo per ampliare l’offerta dei nostri laboratori, sia in ambito sociale che attraverso percorsi specifici rivolti a singoli e a gruppi.